Settimana scorsa abbiamo visto la prima parte degli miti dell’amore. Nell’articolo di oggi l’altra metà di questi miti. Questi sono delle credenza ma tenete bene a mente che hanno un lato funzionale facendo prolungare e mantenendo sano il rapporto di coppia ma dall’altro lato, le credenze, di solito, hanno una data di scadenza e la cosa importante è saper riconoscere questa fata studiandone circostanze e cause, capendo quindi quando è giunto il momento di chiudere un ciclo.

Miti dell’amore

Se vi siete persi la prima parte, cliccate qui.

Il mito dell’amore-dolore

Il lato positivo è che ci aiuta a permettere di sentire la tristezza in caso di perdita. Sul lato limitante, è comune che si segua l’idea che amore e dolore sono entrambe facce della stessa medaglia. Di solito, questo concetto si crea durante l’infanzia, cioè quello dell’amore legato al dolore. Questo è frutto di una sorta di compromeso in cui solo se soffriamo possiamo tenere viva una relazione perchè in effetti le cose “non sono mai facili“. In questo modo si creano armature e corazze emozionali che bloccano il nostro cuore. L’aspetto liberatorio è che, allo stesso modo di come l’hai imparato, sarai in grado di disimpararlo e creare un nuovo concetto di amore che non limiti la tua realtà.

Il mito del romanticismo

Anche in questo caso abbiamo un aspetto utile ed uno limitante. Per quanto riguarda il primo, e cioè il lato funzionale e utile è che, l’attrazione iniziale verso l’altro, con una base quasi unicamente ormonale e dalla ricerca della euforia, è il primo indicatore che quella persona potrebbe avere il potenziale per essere quella giusta. Invece, dal lato il quale resta obsoleta la credenza, è importante sapere da dove viene questa ideologia. Il romanticismo è un movimento che nasce come reazione e rifiuto al periodo precedente, l’illustrazione, in cui c’è stata una esaltazione della ragione. Questa ricerca costante di forti emozioni come sostegno della relazione è effimera, per quello che si garantisce frustrazione e delusione. Comunemente chiamiamo questo processo come innamoramento.

La credenza e associazione che l’amore sia il risultato caratteristico che producono le endorfine all’inizio di questo processo è diverso a un amore inteso come complicità, sentimenti costruiti nell’arco del tempo, esposizione della propria intimità e vulnerabilità, cooperazione ecc. Il bimbo, dal momento in cui è concepito e durante il primo periodo di vita, vive della “preconscienza”, cioè, un livello pre-personale. Non distingue il mondo di sé, lui è tutto, non c’è separazione. Quella rottura con la fonte e contatto con l’illusione di separazione fa che aneli e cerchi in un altro quella sensazione di unità che ha già sperimentato, superando così la dualità e la solitudine. Si tratta di un tentativo di regressione.

Mito della panacea

Il lato “vero” è che, sì il fatto di stare in coppia può fare diventare tutto più facile e sopportabile. Ci fa provare quella sensazione di equilibrio, rifugio e compagnia. Il lato “sbagliato” viene quando credi che il semplice fatto di stare insieme a qualcuno risolverà tutti i tuoi vuoti e pensi che sarà un possibile sostituto del lavoro giornaliero che solo questo veramente potrà trasformare la nostra vita.

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