Il sito archeologico Carminiello ai Mannesi, situato presso l’omonimo vico in via Duomo, fu messo in luce dai bombardamenti del 1943, che distrussero la Chiesa sovrastante di età medievale di Santa Maria del Carmine ai Mannesi e gli edifici adiacenti. Nella disgrazia una fortuna: fu stato così possibile rinvenire una domus con un complesso termale che si estende per circa 700m2.

Il complesso archeologico: la storia

La struttura, riconducibile alla fine del I secolo d.C., ha elementi attribuibili a fasi diverse, i più antichi di età repubblicana. Vi è un ambiente absidato con pavimento a tessere bianche e nere, a testimoniare l’allora presenza di un’abitazione.

In età imperiale fu inglobata nelle fondamenta di un grande edificio con ambienti voltati. La struttura si sviluppava almeno su due piani: quello inferiore -destinato a vani abitabili- e quello superiore, ospitante il complesso termale. Di questo si sono identificate parte delle condutture idrauliche. Nell’ala meridionale dell’edificio possono essere notate vasche in marmo.

All’età tardo-imperiale risale la realizzazione di un porticato sulla facciata occidentale e l’adattamento a mitreo di due degli ambienti del piano inferiore, da cui si può osservare un rilievo in stucco rappresentante il culto del dio Mitra nell’atto di sacrificare il toro.

Il dio Mitra nell’atto di sacrificare il toro

La struttura a partire dal V secolo d.C. culminò in età medioevale in un edificio religioso (distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale) di cui si possono vedere le rovine romane dall’esterno.

I GEV alla ripresa del sito archeologico di Carminiello ai Mannesi

Il complesso è accessibile solo su prenotazione obbligatoria, facendo richiesta contattando il numero disponibile sulla pagina ufficiale.

Al momento la prassi per accedere al sito non è immediata. Lo sanno bene i ragazzi di GEV CampaniaGiovani Europeisti Verdi Campania– che con la sezione Napoletana (GEV Napoli) dopo un iter non semplice hanno ricevuto accesso al sito tramite visita guidata.

La Dottoressa Boenzi, addetta ai beni archeologici della soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per il comune di Napoli, ha condotto la visita. Analizzandone meticolosamente la storia, ha esposto i progetti e le problematiche del sito in questione, primo fra tutti la mancanza di personale e di fondi. È questo infatti a non consentire la valorizzazione che meriterebbe. Le poche risorse disponibili sono rivolte alla messa in sicurezza, alla pulizia e a piccole opere di restauro necessaria per la salvaguardia del complesso.

La riapertura del sito di San Carminiello ai Mannesi è stata una sfida che abbiamo accettato con gran piacere dal primo momento.

Restituire un sito, uno dei pochi al centro di una città e alla luce del sole, deve essere una priorità per la politica e per tutti i cittadini che hanno deciso di impegnarsi in maniera attiva per i propri territori. Fin dall’inizio del nostro percorso abbiamo però scoperto le insidie e le difficoltà che ci accompagneranno in questa battaglia. Ci sono volute più di due settimane per poter accedere per una visita. Tutt’ora, siamo in attesa del rilascio dell’autorizzazione per poter condividere il materiale fotografico che abbiamo raccolto. Anche solo per far scoprire, a chi in quella zona ci passa ogni giorno, quanto bello è ancora nascosto nella nostra Napoli. In un mondo che corre, in cui il tempo che intercorre tra lo scatto di una foto e la sua pubblicazione non è mai più di pochi minuti, anche solo 12 ore sarebbero un’eternità. Figuriamoci giorni. Carenze di personale e di fondi i due problemi più grandi. Tutto ciò non può essere possibile. Proprio in questa direzione abbiamo deciso di lavorare nei prossimi anni, perchè se è vero che Napoli sta per spiccare il volo noi non faremo mancare il nostro contributo allo slancio finale.

Giuseppe Cuccurese, Co-portavoce della regione Campania dei Giovani Europeisti Verdi

Le proposte

Le proposte della Soprintendenza per migliorare il sito non mancano: prima di tutto, l’abolizione del muro circostante con conseguente creazione di un muretto basso allungato con tubi di ferro. Si vuole promuovere poi la messa a disposizione di riproduzioni, tramite sistemi di Virtual Reality o installazione artistiche, del mitreo presente. In ultimo, occorre valutare l’organizzazione di eventi nel sito. Questo è l’unico modo per aumentarne la consapevolezza anche tra i numerosi turisti (circa cinquanta) che, vedendo i cancelli stranamente aperti, si sono affacciati a domandare informazioni.

Purtroppo per accedere abbiamo impiegato un po’ di tempo, perché il sito non può essere aperto se non con un responsabile del comune. Ma il grosso problema è che il sito non è nemmeno visibile. C’è un muro perimetrale molto grande e alto che impedisce la vista fisica del posto.

Innanzitutto bisogna sposare le lodevoli iniziative della Soprintendenza. L’abbattimento del muro circostante, l’uso di un impianto di illuminazione adeguato o l’idea di ospitare iniziative private.

Tali proposte sul piatto possono essere adeguate se come Giovani Verdi possiamo in qualche modo proporre ad esempio un volantinaggio della zona o altre iniziative volte soprattutto alla conoscenza e alla sensibilizzazione su questo luogo.

Antonio Navatta, promotore dell’Iniziativa svolta con i Giovani Europeisti Verdi

La disponibilità dello staff che gestisce il sito e l’interessamento di associazioni politiche come quelle dei GEV fanno ben sperare che in futuro venga restituito questo pezzo di storia alla città. L’auspicio è che questo incontro sia solo il primo passo per riportare il sito agli antichi splendori.

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