Al triplice fischio del match più atteso dell’anno il referto parla chiaro: il Real Madrid di Carlo Ancelotti è campione d’Europa per la quattordicesima volta. L’unico tiro in porta dei Blancos, firmato Vinicius, difeso fino alla fine da un insuperabile Courtois, è sufficiente ad abbattere il Liverpool di Jürgen Klopp. Il Madrid termina dunque una stagione memorabile in cui si è aggiudicato la Liga e la Coppa dalle Grandi Orecchie. La vittoria del Madrid è quanto mai meritata, per i successi contro le migliori formazioni d’Europa, quali l’Inter ai gironi, il PSG, il Chelsea, il Manchester City di Guardiola e infine proprio i Reds.
Carlo Ancelotti si prende così la sua rivincita. Ad oggi è l’allenatore più vincente nella storia della Champions League. Ben quattro vittorie: con il Milan a Manchester nel 2003 e ad Atene nel 2007, e con il Real Madrid a Lisbona nel 2014 e a Parigi nel 2022. Le coppe sollevate da Re Carlo sono in totale 6, se si considerano le 2 vinte quando era un punto fermo del centrocampo rossonero di Arrigo Sacchi. A ciò si aggiunge il fatto che si tratta dell’unico tecnico fin ora capace di vincere tutti e quattro i maggiori campionati europei, con Milan, Chelsea, PSG e, appunto, Real Madrid. Un Palmares stellare, all’apparenza impareggiabile. Eppure solo tre anni fa Carletto usciva senza alcuna gloria dai cancelli di Castelvolturno, con il marchio dell’allenatore ormai finito.
L’esperienza partenopea di Ancelotti
Era il giugno del 2018 quando ADL annunciava l’allontanamento di Maurizio Sarri e l’insediamento del pluridecorato tecnico di Reggiolo. Immediata la replica del giornalista esperto di calciomercato Paolo Bargiggia, che critica aspramente la scelta del presidente partenopeo: a suo parere Ancelotti, sulla soglia dei 60 anni e reduce da un esonero dal Bayern Monaco, è un bollito. Nonostante ciò alla presentazione Carlo carica l’ambiente: “Non sono venuto a pettinare le bambole. La squadra è forte e ho intenzione di proseguire il lavoro ottimamente impostato da Sarri.” In sede di mercato gli azzurri non decollano come ci si aspettava. Arrivano Meret e Karnezis a sostituire Pepe Reina (a campionato iniziato si aggiungerà lo svincolato Ospina), e il giovani promettenti Verdi e Fabian Ruiz. Non viene preso un sostituto vero del partente Jorginho, siccome Marek Hamsik viene considerato un tuttocampista in grado di trasformarsi nel nuovo regista della squadra.
I tifosi iniziano a mugugnare: a Torino sponda bianconera erano approdati Bonucci, Cancelo, Spinazzola e soprattutto Cristiano Ronaldo. C’è la concreta paura che il distacco con l’odiata Juventus, accorciato solo un mese prima con i 91 punti di Sarri, sia aumentato a dismisura. Ancelotti rassicura ancora l’ambiente: “Sono venuto qui per tre motivi: il progetto del club, la qualità dei giocatori e la bellezza di Napoli, intesa come città. Non ho mai allenato una squadra con un organico così equilibrato” Si intende fin da subito che l’oggetto del desiderio Cavani resterà un sogno e che il perno del Napoli sarà Arek Milik. In buona sostanza, vero top player della compagine sarebbe stato proprio il suo tecnico.
Il nuovo Napoli di Ancelotti
Nonostante il secondo posto in campionato blindatissimo alle spalle della nuova Juve targata CR7, e risultati più che incoraggianti in Champions League con PSG e Liverpool, il Napoli chiude in calando. Possiamo trovare vari motivi. Innanzitutto l’inaspettata partenza del capitano Hamsik direzione Dalian Pro a gennaio; il mal di pancia manifestato da Allan, il quale si era visto rifiutare un’offerta da 60 milioni da parte del PSG; Lorenzo Insigne sembra soffrire esponenzialmente sia i suoi nuovi gradi di capitano, sia la collocazione affidatagli dal tecnico, di seconda punta. In generale sembra ci sia un malinteso tattico, in un Napoli senza veri mediani costretto a schierare un insolito 4-4-2 a causa dell’assenza di un play maker difensivo o offensivo che sia.
Nella stagione 2019/20 la musica in avvio sembra decisamente diversa. Si è dato il tempo al tecnico di Reggiolo di valutare la rosa, in vista del suo progetto. Il mercato parte col botto. Ufficializzato il passaggio del difensore greco Manolas dalla Roma per 36 milioni (ammortizzati dalla contropartita Diawara); dentro il terzino destro Di Lorenzo per 9 milioni dall’Empoli; via Verdi in luogo di un esterno di peso come Hirving el Chucky Lozano, pagato ben 38 milioni dal PSV Eindoven. Arrivano inoltre il centrocampista abile nel destreggiarsi in più ruoli Elmas dal Fenerbahçe e il parametro zero Fernando Llorente a portare centimetri ed esperienza d’avanti. Dopo una telenovela durata tutta l’estate, James Rodriguez, trequartista “feticcio” di Ancelotti non convince la dirigenza azzurra. Lo stesso tecnico rifiuta le ipotesi Veretout e Pulgar, considerati troppo inchiodati nel loro ruolo di mediano. Sono ammessi solo tuttocampisti, come vengono considerati Fabian e Zielinski.
Delusioni
Nasce dunque una squadra sulla carta molto più forte, ma allo stesso tempo visibilmente incompleta, dato che la mancanza di specialisti si fa sentire fin dalla gara d’avvio con la Fiorentina. Si parte con un 4-2-3-1 con Ruiz trequartista. L’andaluso si dimostra immediatamente inadatto al ruolo e viene nuovamente arretrato a centrocampo tornando al 4-4-2 a gara in corso. Insigne da esterno diventa di fatto un centrocampista laterale ancora più lontano dalla porta. Il Napoli segna, ma subisce tantissimo a causa del buco lasciato scoperto in mediana e la coppia Manolas-Koulibaly non è impenetrabile come si pensava. Anche Allan è la copia sbiadita del fuoriclasse che si era fatto apprezzare, probabilmente deluso dal mancato passaggio alla squadra parigina. Lo stesso Lozano diventa di difficile collocazione, e spesso gli sono preferiti Mertens o Callejon. A seguito della sconfitta casalinga con il Cagliari, i pareggi con Torino, Spal e Atalanta, e ancora la sconfitta di Roma, il malcontento diventa tangibile. La squadra sta sfuggendo di mano al suo allenatore e ADL corre ai ripari comandando un ritiro.
Ammutinamento
La goccia che fa traboccare il vaso avviene al termine della gara di Champions League tra Napoli e Red Bull Salisburgo. Al vantaggio dal dischetto dell’interessante centravanti norvegese in forza alla compagine austriaca, Erling Håland, risponde il Chucky. La gara non si smuove però dall’1-1 e la qualificazione agli ottavi viene pesantemente compromessa. Stando a quanto trapelato, il vicepresidente azzurro Edo De Laurentiis avrebbe atteso i giocatori negli spogliatoi al fine di schernirli per il risultato ottenuto. Ne sarebbe nata una accesa discussione, con protagonisti Allan e Callejon, terminata da Insigne, il quale avrebbe pronunciato la frase “Dì a tuo padre che noi torniamo a casa“. Probabilmente non sapremo mai la verità di quanto accaduto quella notte, ma la frittata era fatta: la squadra si era ammutinata contro la dirigenza. L’unico dato certo è che Carlo Ancelotti si era presentato nell’albergo di Castelvolturno senza la rosa al seguito.
La reazione di ADL è feroce. Multe per tutti e umiliazione in pubblica piazza in occasione dell’allenamento a porte aperte del 7 novembre 2019. Più di 150 ultras accorgono a fischiare i giocatori. I più bersagliati sono Callejon, Allan e il capitano Lorenzo Insigne. Il coro più gettonato è “Siete voi, mercenari senza pa**e, siete voi. Se non vincete vi distruggiamo“.
L’esonero
ADL capisce che la situazione è irrimediabile. Ne seguono partite incolori con i tifosi che abbandonano la squadra al suo destino. 0-0 col Genoa, 1-1 col Milan (Lozano esulta da solo al goal del vantaggio, segno di spaccatura nello spogliatoio). Il punto più basso si tocca con la sconfitta casalinga per 1-2 contro il Bologna, in cui un affaticato Llorente è l’unico a crederci davvero. Uno sconsolato quanto fischiato Insigne, uscente dal campo a testa bassa col cappuccio a coprirgli il volto, è l’emblema della situazione in cui vessa squadra.
Il patron azzurro attende la certezza del passaggio del turno in Champions, nel 4-0 col Genk nonché l’immediato nuovo contratto che porta Carlo all’Everton. Il tweet arriva nella notte: “La SSC Napoli ha deciso di revocare l’incarico di responsabile tecnico al signor Carlo Ancelotti. Rimangono intatti i rapporti di amicizia, stima e rispetto reciproco tra la società, il suo presidente Aurelio De Laurentiis e Carlo Ancelotti“. La squadra viene infine affidata a Rino Gattuso, che nonostante la poca esperienza sarà capace di risollevare l’ambiente e di vincere la Coppa Italia, al termine del lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19.
Ancelotti e Napoli
Sono state tante, le parole d’amore riservate al capoluogo campano da Re Carlo, ma nonostante ciò il feeling con la piazza non è mai sbocciato. Certo le aspettative erano altissime, se ti chiami Carlo Ancelotti e puoi permetterti di esibire un curriculum di tale spessore. Molti tifosi lo etichettarono di essere stato “Il principale responsabile della distruzione della squadra nel dopo Sarri” mentre altri lo definivano “L’unico ‘signore’ presente in società“.
Oggi, a seguito della fortunata stagione in cui Ancelotti è tornato ad essere Re Carlo alla guida dei Merengues ci rendiamo conto che il tecnico di Reggiolo non era affatto bollito. Forse era semplicemente inadatto ad una piazza come Napoli. Gli azzurri non hanno certo in rosa giocatori dotati della classe dei vari Modric, Valverde, Alaba e Benzema, tantomeno della loro leadership. Forse Carletto aveva sopravvalutato le qualità di elementi buoni ma non certo di quel livello come, sottovalutando invece la necessità di un play. Probabilmente il Napoli non era all’altezza di Ancelotti, ma nemmeno Ancelotti ha saputo abbassarsi a quello del Napoli. Tuttavia a seguito della Champions vinta non è tardato il tweet di complimenti da parte ADL, a suggellare ancora quell’amore impossibile tra Napoli e il pluridecorato Carlo Ancelotti, a modo suo e con merito, sempre più nella storia del calcio.