
Foto da: campania.info
Una ricerca di Libera su racket, usura e corruzione nel Centro Storico di Napoli, rivolta agli operatori economici. Libera ha presentato il dossier stamattina, in commissione Polizia locale e legalità del consiglio comunale di Napoli, presieduta da Pasquale Esposito. L’obiettivo è: “Analizzare la percezione della criminalità organizzata nel processo di turistificazione“. Purtroppo su 470 questionari anonimi somministrati, sono solo 97 quelli compilati interamente, e 30 sono stati restituiti vuoti. Secondo i dati relativi al dossier, ai Quartieri Spagnoli è emerso un “rifiuto totale”, con i “questionari ritirati in bianco o non accettati“, che appunto sottolinea un atteggiamento omertoso verso la criminalità.
Tra i destinatari dell’indagine, prevale il settore commercio (58,33%). Presenti anche bar e ristorazione (15,63%), ed artigianato e imprenditoria (10,42%). La principale tipologia d’impresa è quella individuale (53,61%). Secondo Libera, “la bassa scolarizzazione si associa ad una normalizzazione del fenomeno mafioso”. Il titolo di studio più frequente è appunto il diploma di scuola superiore (35,91%), seguito da licenza media (25,19%) e laurea (8,42%).
Dal dossier: rifiuto e questionari in bianco nei Quartieri Spagnoli
I Quartieri Spagnoli sono una sorta di mixité spontanea risultato della coabitazione nello spazio ristretto dei vicoli di ceti estremamente eterogenei. Una vasta coesistenza di pratiche e stili di vita quotidiani, in cui una posizione di relativo dominio lo occupano le famiglie di esponenti della criminalità organizzata separate da un confine, a volte permeabile, da quelle coinvolte nei circuiti della microcriminalità. Queste ultime danno vita a una miriade di pratiche legate a forme di economia illegale: spaccio minuto, contrabbando, sfruttamento della prostituzione, usura, truffe ma anche lavoro nero di carattere artigianale. La presenza di questi fenomeni ha spesso comportato la rappresentazione dei Quartieri Spagnoli. Un reticolato di vicoli, soprattutto nella parte alta, che si presentano come luoghi pericolosi, abitati da gente pericolosa.
Libera sottolinea come il silenzio sia un elemento significativo. “Le non risposte sono un dato eloquente, non indicano solo incertezza, ma spesso timore, disagio o sfiducia”. Circa 1 persona su 4 non ha risposto a domande cruciali su mafia, pizzo, usura e corruzione”. Le percentuali più alte riguardano la percezione del fenomeno mafioso (25%). Ma anche su temi come la fiducia nelle istituzioni e la sicurezza nel quartiere, oltre il 15% non si esprime. “Questo silenzio non è neutro – insiste l’associazione fondata da don Ciotti -: è un segnale di allarme, che richiama l’urgenza di ricostruire fiducia e protezione intorno a chi lavora in contesti vulnerabili”.
I dati “indicano che la microcriminalità a Napoli – si legge nel dossier – assume forme più strutturate, legate alla criminalità organizzata, rispetto alle altre città analizzate (Torino e Firenze), dove prevalgono fenomeni più “predatori” come furti e risse. A Napoli, il quadro è più complesso – afferma Libera -.
Sebbene il 19,59% ritenga le condizioni insoddisfacenti e il 30,93% “poco” soddisfacenti, il 32,99% percepisce una sicurezza “abbastanza” buona, una percentuale superiore a quella di Firenze, ma inferiore rispetto a Torino. Anche in questo caso è il 5,15% a definirsi pienamente soddisfatto della situazione del quartiere in merito a legalità e sicurezza“. Quindi, circa un terzo avverte la città “come «abbastanza» sicura”. Anche l’assessore alla Legalità, Antonio De Iesu evidenzia il dato “che solo 97 questionari sono stati restituiti”. Quanto al “fenomeno estorsivo”, da ex questore lo giudica “costante e pervasivo“. E pure “radicato antropologicamente in questa città“. E per il presidente Esposito non è una novità neanche la “diffidenza“, emersa in molto risposte. “Secondo la procura di Napoli – rammenta – ci sono 100 clan in città”. E dunque, su questo “c’è bisogno di fare molta più informazione”.