Agli inizi del sedicesimo secolo, nel 1532 Il viceré Pedro de Toledo definì la struttura di quello che oggi è considerato il cuore pulsante della città di Napoli: i Quartieri Spagnoli.

Egli doveva governare la città da amministratore, ma si comportò come vero e proprio re. Costruì grandi opere pubbliche, prima di tutto la rinomatissima Via Toledo e le adiacenti traverse che oggi formano i Quartieri. Questi, in particolare, furono ideati per dare alloggi alle truppe spagnole e alle loro famiglie. Una zona dunque studiata a tavolino, vicina a Castel Nuovo e al Palazzo vicereale- i centri del potere politico- che fu nevralgica per il vicereame Spagnolo che durò più di duecento anni.

L’obiettivo? Tenere a bada i nobili napoletani, anche al costo di ricorrere a ferocissime repressioni.

I vicoli dei Quartieri Spagnoli sono dunque pregni di storia: ogni cosa rimanda ad essa e ricorda quanto è successo e vissuto in queste vie. Ecco perché si chiama così uno dei più famosi vicoli, il Vico Sergente Maggiore: è un palese rimando alla storia dei Quartieri Spagnoli. Prende infatti il nome dal Sergente Maggiore, l’ufficiale di rango maggiore dei nostri giorni e capo delle milizie.

Vico Sergente. Foto presa dal Web

Madama Chichierchia”, chi è l’abitante di Vico Sergente Maggiore

Questo vico è salito alla ribalta con la canzone di Roberto Murolo , con la musica di Salvatore Gambardella e la penna esperta di  Aniello Califano (autore della celebre “’O surdato ‘nnammurato” ), risalente al 1903, intitolata “Madama Chichierchia”.
 L’anziana signora, senza oramai né denti né capelli, risiede nel rinominato vico. Nonostante l’età però non ha perso la voglia di divertirsi, vivendo a pieno la vita e partecipando ancora molto frequentemente a feste, balli, spettacoli teatrali, cercando l’attenzione di giovani ragazzi. Di seguito il testo della canzone:

‘Ncopp’ ‘o vico Sergente Maggiore
ce sta ‘e casa Madama Chichierchia.
E’ ‘nu tipo ch’ ‘ha fatto furore,
‘e giurnale ll’ha fatte parlá.

Nel vicolo Sergente Maggiore
vive Madama Cicerchia.

E’ un tipo che ha fatto scalpore,
i giornali li ha fatti parlare.

Madama Chichierchia ‘a cca,
Madama Chichierchia ‘a lla.
Diente ‘mmocca nun tene cchiù
e vo’ ancora ‘o zùchetezù.

Madama Cicerchia di qua,
Madama Cicerchia di là.
Denti in bocca non ne ha più
e vuole ancora divertirsi.

Madama Chichierchia ‘a cca,
Madama Chichierchia ‘a lla.
Pile ‘ncapa nun tène cchiù
e vo’, a forza, ‘o zùchetezù.

Madama Cicerchia di qua,
Madama Cicerchia di là.
peli in testa non ne ha più
e vuole, per forza, divertirsi.

‘Sta Madama n’ha fatto tulette:
feste, balle, triate, carrozze.
Chelli ggamme hanno fatto zumpette,
se n’ha sciso cannuole e babá.

Questa Signora ne ha fatte di acconciature:
feste, balli, teatri, carrozze
Quelle gambe hanno fatto saltelli,
ha mangiato cannoli e babà.

E mo tène ‘nu cuófano d’anne,
e vulesse fá ancora ‘a ragazza.
Se ‘nfarina, s’alliscia e ‘mpupazza
e va a caccia d’ ‘e belli garson.

 E ora ha un sacco di anni,
vorrebbe fare ancora la ragazza.
Si infarina, si pettina e si trucca
e va a caccia di bei ragazzi.

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