Le ferite emozionali – Una grande percentuale sul nostro modo di rapportarci alla realtà deriva dal bagaglio di apprendimento e di informazioni che abbiamo consolidato durante la nostra infanzia. Quando le nostre necessità non furono soddisfatte, o almeno non nel modo in cui ci sarebbe piaciuto, tendiamo a ricercarle nel presente. Questa ricerca ci accompagnerà tutta la vita, dimenticando che, l’unica persona ad avere questo potere e responsabilità, siamo noi.
Quando viviamo uno stato di paura, richiamiamo ad un’altra persona ciò che simbolicamente reclamiamo ai nostri genitori. L’altro, invece, non riesce a soddisfare queste nostre esigenze perché a sua volt reclama tutte le sue necessità. Le ferite che tutti gli esseri umani carichiamo sono quelle di rifiuto, abbandono, umiliazione, tradimento e ingiustizia. Questa settimana ne spiegheremo le prime due:
Ferite emozionali: il rifiuto
Ferita di rifiuto
Questa ferita si origina tra il momento della nostra nascita ed il primo anno di vita. Si attiva tramite il genitore dello stesso sesso, inoltre, la madre può giocare un ruolo rilevante nel caso in cui abbia avuto un atteggiamento freddo o distaccato nei nostri confronti. La maschera che comporta è quella di un bambino fuggevole che non ha provato amore e accettazione o quanto meno non lo ha ricevuto nella giusta misura.
“Rifiuto me stesso/a e pertanto non credo di essere meritevole. Sono colpevole di vivere, disturbo“. Questa è la programmazione che tengono a livello inconscio. Vivono con l’idea di “Ho paura di essere rifiutato dall’altro, per questo lo rifiuto prima io”.
L’abbandono
Ferita di abbandono
Si origina tra 0 e 3 anni e si attiva tramite il progenitore del sesso opposto. La maschera che comporta è quella di dipendente. La persona ha vissuto un’assenza fisica o emozionale dal progenitore, pertanto gli è giunto il messaggio di “Ti voglio bene però non posso stare con te”. Questa ferita porta allo sviluppo di un attaccamento ansioso. La persona evita la solitudine, perché l’ha associato al dolore. E quando si trova con essa, emergono dolori che ha sempre portato addosso.
È una forma di rivivere di nuovo quell´abbandono di un momento vissuto. La persona evita anche di passare del tempo da sola. Non sa chi è quando non ha il sostegno di qualcun altro. Non conosce il suo potere, non ha sviluppato e incorporato gli strumenti per gestire le sue emozioni ed i suoi processi, sa soltanto ricorrere ad un’altra persona per alleviare il dolore o gli spazi di vuoto. La persona può sentirsi abbandonata alla fine di una relazione ma anche da qualunque circostanza che le apporti rifugio e riparo. Lavoro, il solito cerchio sociale, routine e abitudini che contribuiscono all´evasione, inflessibilità mentale, le vecchie identità, provocano tutti le stesse ferite emozionali di abbandono.