In Europa, le origini del caffè risultano essere in Austria, precisamente a Vienna. In Italia, invece, fu importato tramite navi provenienti dall’oriente, che attraccarono nel porto di Venezia (punto di smercio dell’epoca per tutto il continente) per poi arrivare via terra nella capitale austriaca. La città di Trieste, successivamente, fu il primo capoluogo italiano ad apprezzare da subito l’aroma del caffè: intenso e ricco di sapori, fino ad allora sconosciuto. A Napoli l’oro nero” (così definito), arrivò a partire dal 1600 e fu un successo clamoroso. Infatti, grazie alla regina Maria Carolina D’Austria, consorte del re Ferdinando di Borbone, il caffè fu introdotto a corte come uso e costume della città viennese. Iniziò cosi la sua diffusione e il popolo napoletano ne fece un fenomeno culturale che ancora oggi persiste.


Il caffè nel teatro napoletano

Per comprendere fino in fondo ciò che rappresenta il caffè per un napoletano bisognerebbe ascoltare il racconto che ne fa Eduardo De Filippo nella famosa commedia dal titolo “Questi fantasmi”del 1945. Il protagonista Pasquale Lojacono, seduto fuori al balcone di casa sua, sorseggia una tazza di caffè preparata con la famosa caffettiera napoletana. Da qui, si inscena un dialogo con il pettegolo professore Santanna, al quale racconta di come si può essere felici nel gustare una buona tazza di caffè preparata con le proprie mani. “A tutto rinunzierei tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori al balcone”. Così recita il monologo che sintetizza perfettamente il simbolo culturale che assume il caffè nella città partenopea.

Eduardo in “Questi Fantasmi”

Il caffè nel cinema napoletano

Altra scena famosa del caffè ce la regala il grande Massimo Troisi nel film “Scusate il ritardo” del 1983. Il protagonista Vincenzo si ritrova in casa del professore, un personaggio solitario, curioso e coinquilino dello stesso stabile. Vincenzo, utilizza spesso l’appartamento del vicino, approfittando della sua assenza per vedersi con Anna, la sua fidanzata. In uno dei suoi incontri clandestini e dopo aver consumato un rapporto sessuale con la ragazza, desidera bersi un caffè in sua compagnia. Così va in cucina e trova una moka di piccole dimensioni. Da qui recita una battuta memorabile: “Il massimo della solitudine, la macchinetta del caffè per una persona”. Un concetto evidenziato da Troisi che spiega di come sia importante il momento del caffè: esso è condivisione, socialità e aggregazione. Offrire un caffè è come ricevere amore e non sentirsi mai solo.

Troisi in “Scusate il ritardo”

Il caffè nella musica napoletana

Anno 1977 album “Terra mia“, Pino Daniele è bluesman napoletano. Durante la presentazione del disco, in uno dei programmi tv dell’amico Renzo Arbore, Pino ci propose una canzone destinata a fare storia nel suo repertorio musicale dal titolo “‘Na tazzulella ‘e cafè”. Il brano colpì da subito per la melodia orecchiabile ma a suscitare particolare attenzione per il pubblico fu il testo, che risultò essere una critica alla politica: “E nui tirammo annanz che rulore e’ panze e invece e c’aiutà c’abboffano e’ cafè”. Un caffè amaro quello raccontato dal cantautore napoletano che sa di polemica, un piacere che risulta essere un inganno. L’accontentarsi, accettando passivamente tutto quello che ci capita senza mai opporre resistenza e intanto: “se magniano a città”. Ci manchi Pino!

Pino Daniele e la sua passione per il caffè

Nella letteratura

A Napoli, quando una persona è felice, invece di pagare un caffè, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. E’ come offrire un caffè al resto del mondo”. Tratto dal libro “Il caffè sospeso” del 2008, l’indimenticabile Luciano De Crescenzo ci regala citazioni filosofiche sulla vita quotidiana napoletana. Nei concetti del professor Bellavista si descrive la generosità dei napoletani che, nonostante le difficoltà di tutti i giorni, hanno sempre un occhio di riguardo verso il prossimo. Per questo, nei bar della città è uso e costume trovare dei “sospesi” per chi non ha niente. Il caffè è un piacere per tutti e non va negato. Il cuore partenopeo è risaputo non manca d’infinita bontà.

De Crescenzo e il suo “Caffè sospeso”

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