Giulio, 35 anni e Alberto, 32, si sono conosciuti nell’ora d’aria concessa quotidianamente presso il carcere Napoletano di Poggioreale. Erano detenuti presso il padiglione Salerno della casa circondariale partenopea, dove infine si sono uniti in un unione civile proprio lì dove si erano conosciuti, nella struttura penitenziaria.
La cerimonia si è tenuta all’interno della Sala Magistrati del «Salvia». Celebrata da un responsabile dell’ufficio di stato civile del Comune, erano presenti parenti, gli educatori della struttura e alcuni funzionari della Direzione della casa circondariale.
Tra i partecipanti c’era Antonello Sannino, presidente di Antinoo Arcigay Napoli, Rosa Rubino e Pasquale Ferro, artefici del progetto «Al di là del muro». L’obiettivo di tale progetto è volto a creare un sostegno psicologico, legale, ludico-letterario, per detenuti omosessuali e transessuali nel carcere napoletano. L’unione civile tenutasi a Poggioreale conferma l’avvenimento di passi in avanti nella tutela dei diritti dei mantenuti partenopei.
È la prima volta che si celebra un’unione civile in una struttura penitenziaria di Napoli. La città si conferma attiva nella lotta della piena affermazione dei diritti civili di tutti i cittadini, dopo essere stata negli anni sempre in prima linea per la loro celebrazione con il gay pride. Già nel 2020 la città si era distinta per aver organizzato una manifestazione per la tutela dei diritti della comunità LGBTQ, in pieno periodo Covid, nel totale rispetto delle normative antivirus.
“È stata un’esperienza particolare veder coronare il sogno di Giulio e Alberto, seppur in un contesto insolito come quello del carcere. Si è trattato anche di un momento importante e significativo nell’ambito del progetto che Antinoo Arcigay porta avanti già da alcuni anni all’interno della struttura“.
– Rosa Rubino, artefice e volontaria del progetto «Al di là del muro»
Strutture penitenziarie: la prima Unione Civile a Roma
Quella di Poggioreale non è stata la prima unione civile celebrata in una struttura penitenziaria. Già infatti nel 2017 ne era stata autorizzata una in un carcere Italiano nel 2017, a Rebibbia. In quel caso ad unirsi furono due detenute compagne di cella di 25 e 29 anni. Le due si erano conosciute proprio dentro al carcere e lì convolate a nozze.
«Siamo felicissime, sogniamo di poter vivere insieme fuori al più presto, anche se qui dentro ci siamo trovate ed è nato il nostro amore», raccontarono le spose a Marta Bonafoni, allora consigliere regionale, e a Stefano Anastasia, garante dei detenuti del Lazio.