Il termine ministra o senatrice sono stati esclusi ufficialmente dal linguaggio di genere nella comunicazione istituzionale, una sconfitta che sembra far scivolare sempre più nell’oblio l’Italia. Alla votazione, tenutasi lo scorso mercoledì 27 luglio, il Senato, tramite voto segreto, ha registrato 152 voti favorevoli, 60 contrari e 16 astenuti.
Ecco cosa prevedeva l’emendamento: “Consiglio di presidenza stabilisce i criteri generali affinché nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne“.
Ministra e senatrice: il linguaggio modifica la forma del pensiero
Queste le parole usate da Roberto Saviano tramite un post sul proprio profilo facebook: “Il parlamento dovrebbe essere un faro. Dovrebbe fungere da avanguardia anche culturale. Invece oggi si presenta come il luogo più conservatore che esista in Italia. È stato bocciato l’emendamento che chiedeva di adottare il linguaggio di genere nella comunicazione istituzionale dell’aula senza alcun motivo. Una questione di forma? Non solo. Sarebbe stato comunque un cambio di rotta a costo zero.
Evidentemente era necessario mettere nero su bianco che una donna è una senatrice e non un senatore, che una donna è ministra e non ministro o la presidente, con articolo al femminile. Direte che sono quisquilie, se non fosse che le forme del linguaggio modificano le forme del pensiero. Se conosco 1000 parole non solo parlerò usando quelle 1000, ma penserò utilizzandole. Se ne conosco 100mila, avrò più strumenti per articolare il mio pensiero. Un ministro è un ministro e una ministra è una ministra, punto. È una nuova parola che entra in uso nel linguaggio e nel pensiero e chi vi si oppone non ha scusanti.”
Esempio spagnolo
Se da una parte l’Italia sembra aver fatto un passo in avanti con la scelta del doppio cognome, o comunque la possibilità di scegliere tra quello del padre e quello della madre, dall’altra parte si è fatta marcia indietro con il linguaggio di genere con la questione ministro e ministra. La politica non è solo una guida dello Stato ma, come ha sottolineato Saviano, è un faro, funge da esempio per i cittadini.
Questo è ciò che accade in Spagna dove la parità di genere è una questione molto accesa e dibattuta. Da anni infatti esistono potenti movimenti progressisti volti al cambiamento del linguaggio politico, la parità sociale e lavorativa, il termine ministra in territorio iberico è stato introdotto ormai da diversi anni. L’Italia dovrebbe in questo senso prendere esempio dai cugini spagnoli.