Dopo Briatore il caro pizza invade Jesolo, dove, al ristorante “Da Robert“, una pizza margherita impreziosita da burrata di bufala, e decorata con foglie d’oro, arriva a costare 99 euro. “Mimi La Regina d’Oro (nome dato alla pizza) permette al cliente di vivere un momento di gloria.” spiega Robert Nedea, il titolare del locale situato nel comune in provincia di Venezia. “L’oro è infatti l’unico metallo puro commestibile ed è sa sempre simbolo di potere. Mangiarlo ti fa sentire una persona potente.“
Non si tratta di un cavalcare l’onda di Briatore
Nedea sottolinea di essere estraneo dalla polemica sorta con la Pizza al Pata Negra offerta da Flavio Briatore a 65 euro; “Il lusso va pagato, così come le emozioni diverse che si provano mangiando oro.” prosegue il pizzaiolo. “A chi mi chiede se vada ordinata rispondo che Mimi è fissa nel menù: abbiamo la nostra ‘banca’ in cucina.”
L’idea di cospargere d’oro la pizza nasce da Dubai, in cui è normale apporre il prezioso metallo sulle bistecche. La pizza viene inoltre servita al cliente con l’accompagnamento di “We Are the Champions” per far sapere a tutto il locale che la costosa pizza è stata ordinata.
Mille modi per adornare una pizza
La pizza, tradizionalmente adornata con pomodoro e mozzarella, non è altro che una base soffice ed elastica. Trattandosi di una “base” su di essa può adagiarsi di tutto seguendo l’estro creativo del maestro pizzaiolo. Quindi la pizza la si può presentare rinomato prosciutto catalano Pata Negra, pregiato caviale Beluga, fin anche con esclusiva aragosta proveniente dai mari della Nuova Scozia. Risulta dunque legittimo decorare la stessa con filamenti d’oro che letteralmente la “impreziosiscono”: quando si parla di pizza tutto è consentito e tutto la pizza può contenere ed esibire (qualcuno dirà “tranne l’ananas“).
La pizza non è solo un alimento
Il fatto è che la pizza nasce a Napoli come alimento delle classi meno agiate; col passare del tempo è approdata sulle tavole dei ceti più abbienti fino a diventare simbolo riconoscitivo della città campana e alimento più noto dell’intera penisola a livello mondiale.
Ma benché clonata, replicata, riprodotta in tutto il mondo e decorata con i condimenti più astrusi e bizzarri, la pizza resta una pietanza incaricata di diffondere un messaggio sociale. Vale a dire consentire a famigliole di vivere decorosamente la loro realtà quotidiana e, non potendo permettersi ristoranti stellati e percorsi degustativi gourmet, di recarsi almeno in pizzeria; qui potranno trascorrere piacevoli serate con amici e familiari, assaporando un ottimo prodotto a prezzi sostenibili. Solo un popolo come quello napoletano, che da sempre fa della condivisione e dell’inclusione il suo credo, poteva concepire e realizzare una tale formula vincente.
La pizza dunque si erge a strumento di affrancamento sociale che azzera l’emarginazione, concedendo a tutti di partecipare a quel rito collettivo che si celebra il Sabato sera. Tutto è dunque lecito, si può rendere una pizza un piatto gourmet esclusivo, lussuoso ed elitario, ma la vera pizza napoletana è tutt’altro.