Il federalismo italiano è un progetto che consegna il sud alle mafie a partire dal 27 giugno 1989 su iniziativa di esponenti legati ad ambienti di estrema destra. Il progetto diede i natali ad un movimento politico che prese il nome di “Lega Meridionale per l’Unità nazionale” in contrapposizione del partito della “Lega Nord lombarda” presieduta dal suo leader e fondatore Umberto Bossi.

Lo scopo di tale progetto, di una “secessione italiana”, era quello di revocare alcune leggi emanate dalla stato per contrastare il potere criminale. Tra le proposte del programma politico c’era l’abrogazione della “Legge Rognoni – La Torre” che introdusse il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni. Il motto con la quale si presentava era invece Libertà, Uguaglianza, Fratellanza e Giustizia.

La Lega Meridionale: cenni storici

Esponenti noti furono coinvolti nella nuova organizzazione che progettava nell’area meridionale un paradiso fiscale. Tale area era anche terra di traffici illeciti di ogni tipo senza alcuna forma di controllo. Principali fautori furono Licio Gelli gran maestro venerabile appartenente alla Loggia massonica P2 e Vito Ciancimino sindaco di Palermo che rimase in carica dal novembre 1970 fino all’aprile del 1971.

Gelli, a seguito di varie notizie diffuse dalla stampa dell’epoca, fu accusato di essere stato espulso dal movimento per discordanze interne. Per difendersi da tali accuse, attraverso un comunicato ufficiale precisò di non essersi mai iscritto al partito. Gelli si dissociò completamente da esso. Dopo il suo allontanamento, il progetto di un federalismo italiano che prevedeva una guerra civile all’interno del paese tramontò definitivamente. L’Italia era un paese che si trovava alla vigilia di una situazione politica europea complessa che portò alla caduta del muro di Berlino.

Gli albori della trattativa Stato-Mafia

Gl’equilibri che fino ad allora garantivano la governabilità della nazione saltarono. Le fazioni politiche che fecero parte del governo non riuscivano più ad essere dei validi interlocutori. Sia per quanto riguarda la politica internazionale sia per quella interna. Compresi i rapporti con le lobby criminali. Iniziò così la stagione delle stragi. Un periodo che, attraverso il ricatto, indusse ad una trattativa Stato-Mafia ancora oggi piena di misteri irrisolti ma di fatto dichiarata conclusa.

Il 18 aprile del 2018 infatti ci sono state le ultime condanne frutto di un processo durato ben 5 anni. La sentenza condannò il boss mafioso Leoluca Bagarella a 28 anni di reclusione; il boss mafioso Antonino Cinà a 12 anni. Infine Marcello Dell’Utri, ex senatore di Forza Italia, Antonio Subranni e Mario Mori, ex vertici del Ros, condannati a 12 anni.

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