Il 15 maggio 2022, il capitano del Napoli Lorenzo Insigne gioca calca per l’ultima volta il terreno di gioco dello stadio nel quale si è espresso per più di 10 anni. Va in scena Napoli-Genoa. Una ventina di minuti prima del fischio di inizio, Lorenzo, ai 50mila tifosi accorsi a salutarlo, legge una commovente lettera di ringraziamento. Gli viene inoltre regalata una maglia commemorativa dalla società col suo numero 24. La gara conta poco, in termini di classifica: la sconfitta della Juventus nel turno precedente proprio contro i Grifoni ha quasi assicurato il terzo posto alla compagine azzurra; tutti però ci tengono a che il capitano di tante battaglie chiuda al meglio la sua esperienza.

I Partenopei vanno in vantaggio al 33′ grazie all’incornata di Osimhen che insacca di testa lo spiovente dalla destra di Di Lorenzo. L’occasione per il capitano arriva più tardi, al minuto 63, quando quando il centrale rossoblu Hernani tocca col braccio destro alto la palla deviata di testa dallo stesso Di Lorenzo in piena area di rigore. Insigne si presenta dal dischetto e tutto lo stadio si raccoglie intorno a lui. Si tratta di una grande opportunità per lasciare l’ultima firma prima di volare a Toronto.

Dove tutto ebbe inizio

L’avventura di Insigne all’ombra del Vesuvio inizia nel 2004, quando da tredicenne inizia la trafila nelle giovanili del Napoli, che lo acquista dall’Olimpia Sant’Arpino. 5 anni più tardi verrà raggiunto dal fratello Roberto. L’allora capitano del Napoli, Paolo Cannavaro vide questo ragazzino stoppare di prima al volo il cross di un compagno con estrema facilità ed eleganza. “E chi è sto’ fenomeno?” chiese il difensore allo staff. “Lorenzo Insigne. Un nostro gioiellino.” fu la risposta. Nel campionato primavera 2009/10, Lorenzo, che già era stato spesso convocato per gare amichevoli da Donadoni, realizza 15 goal. Ciò convince il nuovo allenatore Mazzarri a premiarlo, facendolo esordire in Serie A il 24 gennaio 2010, sul finale di Livorno-Napoli, che i Partenopei conducono 0-2 grazie ai goal di Maggio e Cigarini. Insigne entra al posto di Denis nel recupero. In quest’occasione indossa il numero 34. Successivamente seguiranno una serie di prestiti, alla Cavese, al Foggia ed al Pescara.

L’addio di Lavezzi

Per spiegare l’importanza dell’annessione di in pianta stabile Insigne al gruppo azzurro dobbiamo spostarci al 20 Maggio 2012. Per chi sostiene i colori del Napoli e della Juventus, questa non è una serata come le altre: all’Olimpico di Roma va in scena la finale di Coppa Italia. Si tratta della prima finale giocata in era De Lurentiis, e dalla Juve (fresca campionessa d’Italia) del post Calciopoli. Gli azzurri sono in vantaggio 1-0 grazie alla rete dal dischetto dal Matador Cavani, ma le vere emozioni di quel match sono altre. Al 68′ prima e al 73′ poi tutto il pubblico è in piedi, e saluta con scroscianti applausi i due idoli delle rispettive tifoserie, giunti entrambi alla loro ultima gara in Italia: Alex Del Piero e Ezequel El Pocho Lavezzi avevano concluso il loro ciclo. Poco dopo ci sarebbe stato il raddoppio del terzo tenore azzurro Marek Hamsik, che insignirà il Napoli della sua quarta coppa nazionale. Un commosso quanto esaltato Lavezzi correrà sotto la curva azzurra a festeggiare. Il momento in cui il napoletanissimo Paolo Cannavaro alza al cielo dell’Olimpico il primo trofeo vinto dal Napoli dai tempi di Maradona è toccante, ma mai quanto le grida di uno scatenato e commosso Lavezzi verso il pubblico.

Insigne sostituisce Lavezzi: nasce la nuova stella del Napoli

I napoletani perdono dunque la loro stella, direzione PSG. Le incognite per il futuro sono tante. Chi potrà mai sostituire un pezzo di storia così importante per il club rinato sotto la gestione De Laurentiis? Gli addetti ai lavori e lo stesso mister Walter Mazzarri sono sicuri. Si punterà proprio sul giovane talento proveniente dalla primavera che aveva appena conquistato la promozione in Serie A con il Pescara guidato da Zdenek Zeman: Lorenzo Insigne. Le speranze sull’esterno sinistro ventenne sono tante, avvalorate dai 20 goal, i 14 assist e il titolo di miglior giocatore della cadetteria condiviso con i compagni Ciro Immobile e Marco Verratti. I 3 resteranno grandi amici, e si ritroveranno a giocare insieme con un’altra maglia azzurra, quella col tricolore cucito sul petto.

Il Pescara campione della Serie B 2011/12 con Insigne, Immobile e Verratti

Insigne torna dunque a casa base, preparandosi alla sua prima stagione da protagonista in Serie A. Sceglie il numero 24, giorno di nascita della sua compagna, futura moglie, Genoveffa Darone.

Complice l’infortunio di Goran Pandev, Lorenzo inizia la stagione 2012/2013 da titolare nel 3-0 di Palermo. A inizio ripresa, dopo il vantaggio firmato da Hamsik nel primo tempo, andrebbe anche in goal, ma la rete viene annullata per fuorigioco. Destino simile nel corso della seconda giornata della stagione, nella quale Insigne scende in campo dall’inizio per la prima volta nell’allora Stadio San Paolo, il cui prato era disastrato ai limiti della giocabilità da un fungo. Stavolta il Napoli ai affronta la Fiorentina di Vincenzo Montella, grande estimatore del ragazzo. Stavolta Lorenzinho è decisivo: al 55′ batte una punizione in area per lo stacco di testa di Hamsik che grazie alla deviazione di schiena di Borja Valero rende la sfera imprendibile per l’estremo difensore viola, Viviano.

Il goal

Il 16 settembre, in Napoli-Parma, il futuro capitano azzurro parte dalla panchina, dato il recupero di Pandev. In una gara poco brillante, gli Azzurri conducono 2-1 quando a 15′ dalla fine Lorenzo rileva un appannato Cavani. All’attaccante di Frattamaggiore bastano due minuti: suggerimento in avanti di Dzemaili per Pandev che spalle alla porta, tenendo a distanza il difensore crociato Lucarelli, si gira in un fazzoletto e fa filtrare la palla tra questi e Paletta; Insigne si infila nello spazio lasciato da Acquah e colpisce di prima sul palo vicino alla sinistra del portiere Mirante. Stavolta è tutto buono è il primo goal in maglia azzurra. Lo scugnizzo esplode di gioia e porta il pollice alla bocca, proprio come avrebbe fatto Francesco Totti. Chissà se non si stesse già immaginando con la fascia al braccio come il simbolo giallorosso.

Insigne così si sblocca e si ripeterà dieci giornate più tardi nella trasferta vittoriosa contro il Genoa (in risposta alla rete in avvio del suo ex compagno e amico Immobile), ancora in casa contro il Milan in un rocambolesco 2-2 in cui brilla il giovane El Shaarawy e sempre in casa contro il Palermo.

Ma la prima vera magia arriva a fine campionato.

Un match storico

Il 21 aprile 2013 va infatti in scena Napoli-Cagliari, partita fondamentale per garantire la conquista del secondo posto alle spalle della Juventus centrando così la Champions League. Per i Partenopei la gara va fin da subito in salita. Al 18′ sul calcio d’angolo di Nainggolan Cavani rinvia debolmente rasoterra; il pallone viene intercettato dal centravanti colombiano Victor Ibarbo, il quale resiste all’attacco di Maggio ed esplode il destro potente che si infila alle spalle di Rosati. Il pareggio arriva all’inizio della ripresa, quando l’oggi compianto Davide Astori devia di tacco nella propria porta il tiro di Hamsik servito da Pandev; gli azzurri riescono ad andare in vantaggio con Cavani che al 64′ sfrutta il tap-in dopo il salvataggio miracoloso di Agazzi sul destro di Paolo Cannavaro. Il Cagliari la riacciuffa al 71′ col neo entrato Marco Sau, autore di un tiro ad effetto imprendibile per il malcapitato Rosati. Al minuto 77 Mazzarri si gioca dunque la carta Insigne.

Il tiro a giro

La gara resta viva fino al minuto 94′, quando in pieno recupero il folletto di casa si accende. Servito da Hamsik sulla fascia sinistra punta Perico, che tiene lontano rientrando sul piede destro; il difensore sardo si getta dunque in scivolata ma Insigne è più rapido di lui. Alza la testa e vede il secondo palo. Colpisce il pallone al limite dell’area con l’interno piede imprimendogli un forte effetto a rientrare. La sfera sorvola le teste dei giocatori ammucchiati in mezzo e si infila nell’angolino alto alla sinistra di uno sbalordito Agazzi. Il San Paolo è una bolgia. Finalmente il giovane della periferia di Napoli aveva fatto esplodere di gioia i suoi sostenitori. Il suo sogno da bambino si era realizzato: segnare con la maglia da sempre tifata un goal decisivo e con il colpo per cui si era tanto allenato imitando Del Piero, idolo d’infanzia. I fortunati presenti allo stadio quel giorno ancora non sapevano di aver assistito al primo centro di quello che poi sarebbe stato il marchio di fabbrica del giocatore: o’ tiraggiro.

Insigne aveva convinto anche gli scettici delle sue grandi qualità, guadagnandosi il titolo “Lorenzo Il Magnifico” (chiaro riferimento a Lorenzo de’ Medici).

Lorenzo Insigne, 10 anni in azzurro (4 da Capitano)

10 stagioni dopo Insigne, divenuto capitano del Napoli, è il secondo miglior marcatore azzurro alle spalle del compagno e amico Dries Mertens, con all’attivo 122 reti e 94 assist in 433 presenze. Il suo palmares vanta due Coppe Italia, entrambe vinte da protagonista, una Supercoppa Italiana e soprattutto un Campionato Europeo conquistato indossando la maglia numero 10 della Nazionale. Vanno ricordati lo scudetto sfiorato nella stagione 2017/18, nella quale 91 punti non furono sufficienti a superare la Juventus, e il campionato 2020/21, in cui Lorenzo porta a 19 il suo record di reti in una stagione.

In più di un’occasione si è parlato del fatto che Insigne, così come in Nazionale, avrebbe potuto meritare la maglia numero 10. Dopo la scomparsa di Diego, al termine del match giocato contro la Roma il 29/11/2020, gara in cui Lorenzo onorò il Pibe segnando un gran goal su punizione, Insigne chiarì che la 10 a Napoli era un dogma e che nessun altro ne sarebbe stato mai degno.

Insigne dedica il goal a Maradona

L’ultimo rigore

Torniamo dunque al momento in cui il nostro racconto è iniziato. 10 anni dopo in quello stesso stadio Lorenzo appoggia il pallone sul dischetto per l’ultima volta da capitano azzurro. Tutti i compagni e i tifosi sono con lui. L’emozione si fa sentire: calcia a sinistra ma colpisce il palo interno. Di Lorenzo ribadisce comunque in rete. Mertens sorride ed è il primo ad abbracciare comunque uno sconsolato Insigne, tradito ancora dal più grande limite dimostrato nel corso della sua avventura napoletana, l’eccessiva emotività. Attenzione però: il direttore di gara Fabbri viene richiamato dal Var Abisso. Viene ravvisata un’invasione di area da parte di Bani ed Hernani, dunque il penalty è da ripetere (la decisione resta molto controversa). Insigne ha la possibilità di riprovare. Stavolta ha il fuoco negli occhi. Prende la rincorsa e calcia forte battezzando lo stesso lato. Sirigu indovina la traiettoria del pallone, ma ne viene scavalcato. RETE!

Adesso sì, si può festeggiare. Lorenzinho chiude le mani a cuore e inizia a correre, ma dopo pochi passi le emozioni tornano e lo sovrastano. Le lacrime sono inarrestabili e iniziano a rigargli le guance. Si inginocchia e cade al suolo, circondato dai compagni. Lo speaker Decibel Bellini fa ruggire il pubblico, che per 10 volte ripete a squarciagola il nome del proprio capitano. L’attaccante sbuca dalle braccia che lo cingevano e guarda verso la Curva B battendo la mano al petto. Per tutto lo stadio riecheggia forte il coro inventato anni prima dai tifosi della Roma per Totti: UN capitano, c’è solo UN capitano!

Insigne nella storia

Quello scudetto tanto sognato non è mai arrivato per tante ragioni. Probabilmente lo stesso capitano si è dimostrato discontinuo nei momenti cruciali. Eppure i tifosi con i quali Insigne ha avuto un rapporto travagliato erano allo stesso modo commossi. Significativo lo striscione apparso nel pre-gara che recitava “La tua maglia più di tutte pesava perché era di chi veramente l’amava. Tu l’hai indossata con estro, orgoglio e dignità da fiero figlio di questa città“, segno che a Napoli vincere è una favola, ma per i calorosi supporter partenopei ciò che ha davvero importanza è il sudore versato per la propria maglia. Perché i napoletani, sono gente di mare. Si sa: il viaggio è più importante della destinazione.

Ed il viaggio di Insigne, tra alcuni bassi e tantissimi alti (molti più di quanto i più si ricordino) è stato straordinario, con o senza lo Scudetto. Forse Lorenzo non era un Totti, un Del Piero o un Baggio. Insigne è Insigne, ed è nella storia. Soprattutto è nel cuore di tutta la città.

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